Il no di Anpana Alessandria alla caccia come rimedio
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Alessandria, 4 giugno 2013 - Alcune associazioni di agricoltori della provincia di Alessandria hanno avviato una raccolta firme per chiedere la riduzione della fauna di ungulati, come ad esempio caprioli o cervi, accusata di arrecare danni alle colture. Esse presumono che tale riduzione potrebbe essere ottenuta con l'aumento delle giornate di caccia e del numero di capi da abbattere.
ANPANA non nega che gli eccessi numerici di talune specie possano arrecare problemi, ma si oppone a rimedi che sono di gran lunga peggiori del male.
I problemi vanno affrontati con approccio scientifico e razionale e l'uso del fucile non lo è di certo. Se alcune specie sono in forte espansione a discapito di altre che stanno scomparendo, è perchè l'uomo ha rotto l'equilibrio naturale.
La deforestazione, la cementificazione, l'agricoltura industrializzata, che fanno della monocultura intensiva e dei prodotti chimici le proprie basi, hanno modificato drammaticamente il nostro Pianeta. La caccia, facendo scomparire le specie predatrici che un tempo regolavano la fauna, ha completato il disastro. Il problema si risolve rinaturalizzando porzioni di territorio, consentendo alle specie antagoniste e predatrici di rioccupare i loro spazi, insomma restituendo alla natura, almeno in parte, ciò che le abbiamo rubato.
Pensare che la caccia risolva questi problemi è come credere di curare un ammalato di polmonite esponendolo al freddo. Di fatto, dove sono state aumentate le giornate di caccia e il numero di capi abbattibili, il problema agricolo non è stato risolto per niente. In compenso, ne hanno patito settori economicamente vitali come il turismo, l'escursionismo, gli sport outdoor, la raccolta di prodotti del sottobosco, ecc.
La provincia di Alessandria, come anche nel resto d'Italia, deve poter puntare sul turismo ma, ovviamente, la caccia è incompatibile con esso, poiché nessuno farebbe gite ed escursioni in territori dove potrebbe rischiare di essere impallinato.
Incrementare la caccia, dunque, non significa risolvere i problemi degli agricoltori ma danneggiare solo il turismo e l'economia. Gli unici a trarne vantaggio sarebbero i cacciatori a discapito di tutto il resto della comunità, il che è inaccettabile (P.M.)